La legge 194 (soluzione dei termini) è entrata in vigore nel 1978 e
fu confermata in un referendum memorabile nel 1981 con 68% delle voci.
Però il dibattito sulla nuova legge non è mai cessato. Ogni tanto la
destra politica propone restrizioni, mentre la sinistra le combatte
categoricamente. La battaglia della RU 486 ha riacceso il fuoco. Nel
2005, il
ministro della Salute del terzo governo Berlusconi, Francesco Storace,
proponeva di coinvolgere negli consultori
statali dei volontari delle associazioni antiabortiste per consigliare
le donne incinte… allo scopo di fare la prevenzione degli aborti.
I partiti della sinistra, i medici, le regioni progressiste
reagivano con sdegno, chiedendo invece l'educazione alla sessualità a
scuola, l'informazione delle immigrate, i contraccettivi gratuiti…
Il 31 gennaio 2006, la Commissione affari sociali della Camera ha approvato il documento conclusivo di una indagine conoscitiva sulla legge 194, indagine voluta dal centrodestra, ma respinta dall'opposizione. Non ha rivelato niente di nuovo: i consultori dispongono di risorse e fondi insufficienti sopratutto per l'aspetto della prevenzione.
Infatti l'Italia è fra i paesi che conoscono un tasso di abortività
molto basso (9,6 per 1000 donne in età 15-44 anni nel 2012. Dopo
l'introduzione della legge 194 si è verificato una netta riduzione delle
interruzioni di gravidanza. Il picco è stato registrato nel 1982 con
234'800 interventi. Da quel momento il numero si è ridotto fino a
stabilizzarsi a partire dal 1995. Nel 2007 sono state registrate 126'562
interruzioni di gravidanza,121'406 nel 2008. La tendenza rimane al
ribasso, con 105˙968
IVG nel 2012, una diminuzione di
quasi 55%
rispetto al 1982.
veda grafica
Uno studio scientifico dimostra le ragioni di questa evoluzione: le
donne italiane, specialmente quelle giovani, usano sempre di più i
contraccettivi efficaci. Le gravidanze e le nascite non pianificate
hanno diminuito fortemente negli anni 90 in paragone di 10 anni prima,
anzi di metà per le donne al disotto di 30 anni.
Planned and unplanned births and conceptions in Italy 1970-1995. Maria
Castiglioni et al.
Come altri paesi europei, l'Italia si trova di fronte a un nuovo problema: l'immigrazione è molto aumentata e le donne immigrate (in particolare quelle europee dell'Est, africane, latinoamericane, asiatiche) presentano un tasso di abortività 2 a 4 volte maggiore di quello delle Italiane. Più del 33% degli aborti tocca le straniere, mentre la loro percentuale nella popolazione femminile in Italia è considerevolmente più bassa!
Quasi il 70% dei ginecologi sono obiettori di coscienza, in alcune regioni lo
sono press'a poco il 90% – cosicché l'accesso all'interruzione di gravidanza può
essere molto difficile e il tempo di attesa molto lungo. Perciò persiste
un certo numero di aborti clandestini stimato a 15'000 nel 2005,
prevalentemente al Sud del paese.
(Fonte:
Relazione 2014 del Ministro della salute al Parlamento
sull'interruzione di gravidanza)
Testimonianze di singoli e accertamenti giudiziari hanno
permesso di accertare più volte che talvolta gli stessi ginecologi che
in ospedale erano obiettori di coscienza, nella propria clinica privata
eseguivano senza problemi aborti, purchè a pagamento.
A leggere:
Fin dal 2000, la pillola abortiva Mifegyne è registrata in quasi tutti i paesi dell'Europa occidentale. In Italia, per molto tempo il Vaticano e i vescovi italiani si sono scagliati contro la RU 486 ed hanno esercitato il loro influsso sul governo per impedire l'ammissione del farmaco nel paese. Per questa ragione la ditta francese Exelgyn, produttrice della RU 486, par tanti anni ha rinunciato a domandare la registrazione in Italia.
Il 10 novembre 2007, finalmente, la ditta Exelgyn ha presentato la richiesta di vendita all'Agenzia italiana del farmaco. Il 30 luglio 2009, finalmente, l'Aifa ha dato il via libera alla commercializzazione della RU486. La pillola Mifegyne è dunque disponibile anche in Italia dal 5 aprile 2010.
Grazie a un medico molto dedicato, il dr Silvio Viale, una
sperimentazione fu iniziata in settembre 2005 all'ospedale Sant'Anna di
Turino (Piemonte). Dopo un breve stop imposto dal ministro alla salute
del terzo governo Berlusconi, Francesco Storace (Alleanza Nazionale), la
sperimentazione poteva continuare in novembre, alla condizione che le
donne rimanessero in ricovero per 3 giorni (un assurdità!). In settembre 2006 è stata di
nuovo sospesa per motivi politici, dopo che il metodo farmacologico era
stato praticato su 362 donne.
Altre regioni e ospedali – Liguria, Lombardia, Umbria, Lazio, Campania –
imitando il Piemonte hanno chiesto il permesso di cominciare altre
sperimentazioni.
Con l'appoggio dell'assessore alla Sanità della regione, un ospedale in
Toscana addirittura ha cominciato di importare la Mifegyne dalla
Francia, basandosi su un decreto del 1997 che permette ai medici di
importare direttamente farmaci non registrati in Italia se li ritengono
indispensabili per la salute dei pazienti. A buon diritto i medici
sostengono che le sperimentazioni non servono: il farmaco è già stato
preso da milioni di donne in altri paesi e fu autorizzato dall'Agenzia
europea del farmaco.
Il ministro alla Salute, Storace, cercava di
bloccare l'importazione diretta, la Toscana invece continuava, le
regioni Emilia-Romagna e Puglia l'hanno imitata.
La ministra alla Salute del governo Prodi (2006-2008), Livia Turco, sosteneva la
commercializzazione della RU486. Col quarto governo Berlusconi
(2008-2011), ha
ripreso l'ostruzionismo…
Ciò nonostante, sin da aprile 2010 la Mifegyne è disponibile in parte degli ospedali italiani. Però il governo ha dettato che le donne devono stare in ricovero ospedaliero fino all'espulsione dell'embrione (normalmente 3 giorni). Questo dettato è assolutamente assurdo. Le donne devono firmare una dichiarazione di dimissione volontaria dalla struttura ospedaliera per tornare a casa. L'approccio diverge da un ospedale all'altro. Per questa ragione, la percentuale degli interventi colla Mifegyne rimane modesta (7% nel 2012).